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Minimalismo ed espatrio

Written by Veronica Marocco

Minimalismo in espatrio: è possibile? Io dico di sì, anzi: dico sia auspicabile.

Disclaimer: questo non significa che si debba vivere con due calzini e tre bicchieri, così come non si vuole accusare / sgridare nessuno che abbia fatto scelte diverse. É bene specificarlo, perché quando si parla di minimalismo spesso il pensiero vola in automatico a spazi monocolori, gente che vive vestita di beige senza armadio, solo con un appendiabiti sottile da cui penzolano due magliette. Assolutisti del vuoto.

Oppure, si dà per scontato che con dei bimbi piccoli questa sia una scelta non sostenibile, o che dipenda dal paese in cui si vive, alla reperibilità di oggetti, vestiti, cibo… ecco, no.

Sarà un modo di dire trito e ritrito, ma per me davvero il minimalismo è uno state of mind.

Fin da ragazzina avevo attacchi di ordine, nel senso che dopo un po’ il caos nella libreria, o i bigliettini spiegazzati in un cassetto, le penne in disordine, mi cominciavano a dare fastidio. Crescendo, ho capito che le cose fuori posto mi facevano sentire fuori posto. Però continuavo ad avere molte cose. Libri, tantissimi libri, trucchi, scarpe che non mettevo.

Quando ho lasciato Milano al termine dei miei studi ho spedito a casa una quantità enorme di scatoloni. Sono andata a vivere in Francia, in un monolocale, e ho stipato la roba nel garage, poi ho preso il volo per Hong Kong. Gli scatoloni sono rimasti per dieci anni al loro posto, perché “ci facciamo un paio di anni e torniamo”. Chi mi segue su Amiche di Fuso sa che non è andata cosí.

Siamo arrivati ad Hong Kong con due valigie e una scatola, siamo ripartiti dopo tre anni e mezzo con trentacinque cartoni che sono raddoppiati al passaggio successivo, da Tokyo a Taipei. Quando ho ricevuto la consegna delle nostre cose mi sono detta che basta. Il mio è stato un clic mentale, quando mi sono resa conto di quante cose avevo fatto trasportare per nulla, perché nella casa taiwanese non ci stavano, e avevo dovuto buttare chili di roba.

Ed é iniziato un percorso che dura fino ad oggi. Poche regole ma chiare.

1 – si trovano sempre appartamenti ammobiliati, e se si deve comprare qualcosa lo si cerca prima usato. Quando si riparte, si rivende, senza se e senza ma (a meno di piccoli complementi, una scarpiera, una piccola libreria, che possono essere posizionati senza sforzo). So che molti muovono ogni volta tutti i loro mobili, appartamenti completi: per me è un no deciso, e già mi sento meglio.

2 – sembra semplice ma non lo è: si rimpiazza solo quello che si consuma. A livello di vestiti, di cibo, di cose per la casa. Se ho già due magliette a righe, non ne comprerò una terza. Se metto le scarpe col tacco due volte l’anno, ne avrò due paia, sempre le stesse da anni, con buona pace dei reportage fotografici di battesimi e matrimoni. Non faccio più scorte da bunker antiatomico in cucina: il supermercato è sotto a casa. Quello che non si trova, a meno che non si parli di medicine o di cose davvero importanti, lo si arrangia. Finite le valigie piene di shampoo, di creme, di mutande. Finite le scorte folli delle vacanze estive a casa. Finiti gli ordini on line che costano una follia e inquinano pure per avere il Felce Azzurra, per dire.

3 – passaggio agli e-book per tutti quei libri che so già non rileggerò, per il romanzo del momento. In cartaceo si compra solo il top del top. I libri sono una parte fondamentale della mia vita da quando sono piccina: non si può fare che cosí. Alla carta non si può rinunciare? La storia delle pagine, del profumo? Se sei un lettore forte, ti assicuro che leggeresti anche fosse stampato sul sacchetto del pane.

4 – capitolo bambini: eh sì, ho dovuto fare pace coi loro giochi, il loro disordine. Con il famigerato giornalaio durante le vacanze italiane (spoiler: dopo un po’ sparisce tutto, con buona pace della nonna). Anche per loro ho cercato di adattare al meglio per contenere l’esplosione di cose che la presenza di due piccoli può provocare. Per i vestitini, vale come detto sopra, rimpiazzare. Per i giochi: noi compriamo loro dei regali solo nelle occasioni speciali. Come io chiedo sempre agli altri genitori cosa amerebbero ricevere i loro pargoli, così quasi tutti fanno con me: si evitano giochi e oggetti che non sono desiderati e finiranno in un angolo. Oppure cose che non sopporto: le LOL, ad esempio. Per i bimbi i libri non hanno limitazioni, unica deroga.

5 – in viaggio, finite le bottiglie di shampoo da due litri, le scorte alimentari per gli infanti, le scarpe che alla fine non metti. Cerco sempre posti dove posso fare una lavatrice, e difficilmente mi troveró in mezzo alla giungla cercando disperata un posto in cui acquistare una fruit pouch.

Col tempo ho ridotto considerevolmente la quantità di cose che possediamo. Ogni trasloco è via via più semplice. Elimino o vendo quello che non serve più rapidamente (ultimo esempio: Francesco passa a dormire in camera con sua sorella? Lettino con sbarre venduto nel giro di una settimana, per evitare che si trasformi non solo in una tentazione per lui, ma anche in un “appoggia robe” che inevitabilmente rimarrà ad occupare spazio vitale per mesi, e che ci ritroveremo fra capo e collo al prossimo trasloco).

Quando entro in case piene di soprammobili, pile di giornali, cose varie ed eventuali non mi sento a mio agio. Ormai me ne sono resa conto da anni. E siccome in casa ci passo tantissimo tempo, ho bisogno che intorno a me ci sia una visuale che mi rispetta. Del resto, sarebbe la stessa cosa anche se passassi tutto il giorno fuori: quale serenità maggiore del rientrare in un ambiente confortevole?

Ovviamente tutto questo è un discorso personalissimo e intimo: chiunque potrebbe entrare a casa mia e trovarla disordinata perché ci sono i monopattini dei bimbi perennemente parcheggiati all’ingresso, o le spezie a vista in cucina. Ricordiamoci sempre che tutto quello che facciamo nella vita deve andare bene per noi, fare bene a noi, e non fare male agli altri.

Nel tempo ho fatto ricerche, ho letto, ho cercato consigli. Non ho letto i libri della famosissima giapponese, ma vi lascio comunque quelle che sono state le mie risorse nel tentativo di alleggerire la nostra vita e il mio cervello.

“Solo bagaglio a mano “ di Gabriele Romagnoli: la Bibbia.

“The curated closet” di Anouschka Rees, per idee sull’abbigliamento e la sua gestione.

“Ikigai”, perchè i giapponesi hanno sempre ragione, insieme infatti con “Goodbye things” di Fumio Sasaki (ecco, lui un po’ estremo, ma con il minimalismo ci vuole un approccio come con i libri sui bambini e la maternità: prendere solo quello che va bene per noi).

La bravissima Irina di Spazio Grigio!

E voi? Accumulatrici seriali o aspiranti minimaliste come me?

Veronica, Qatar

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Author

Veronica Marocco

Amante dei viaggi e dei libri, con la mia laurea in Lingue e il mio lavoro in hotel, sapevo che prima o poi sarebbe arrivata l'occasione di partire! Quello che non avrei mai immaginato invece, era partire dalla Francia per fare tappa ad Hong Kong, Tokyo, Taipei, Shanghai. Dopo un breve "Francia-bis", ripartire poi per Doha e, infine (per ora) Marrakech. Nel frattempo, da due siamo diventati quattro, e le nostre avventure non sono ancora finite!

1 Comment

  • Ahimè anche io dopo tanti traslochi non sono riuscita a passare al minimalismo. Mi sono data i 50 anni per cominciare poi a fare un decluttering serio. Non riesco a separarmi da tante cose,ma che piano piano stanno invadendo tutto. Ma prima o poi riuscirò. La Marie Kondo non la sopporto,ma Romagnoli lo adoro!

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